Raccontare della Rocca di Sala Baganza significa ripercorrere quasi dieci secoli di storia del nostro territorio, con le lotte tra i Sanvitale e i Rossi, il consolidarsi della famiglia Farnese come duchi di Parma, la dominazione francese. La cosa insolita è che, in questo caso, a contribuire all’ascesa della Rocca come luogo di potere non furono feroci condottieri o ricchi mecenati, bensì due figure femminili: una virile guerriera e una colta ispiratrice di corte.
Nelle prossime righe cercheremo di raccontarvi brevemente la storia del castello e delle due donne che ne furono protagoniste, soffermandoci anche su quello che la Rocca è diventata oggi.
LA STORIA
La Rocca di Sala Baganza si adagia sulle prime colline dell’Appennino, presso il torrente Baganza. Il fortilizio ebbe anticamente un ruolo di primo piano nel sistema difensivo dei castelli parmensi: già nel XIII secolo il centro era munito di un elemento difensivo – la leggendaria torre di San Lorenzo – indispensabile in un periodo di cruente lotte feudali.
Fu Stefano Sanvitale nel 1461 a trasformare il torrione nella fortezza che oggi conosciamo. Doveva infatti difendere i suoi possedimenti dai continui attacchi dei Rossi, acerrimi nemici dei Sanvitale, che già avevano messo a “ferro e fuoco” il castello nel 1322. Uno di questi assedi rimase celebre perché coinvolse membri della stessa famiglia, schierati su fronti opposti, in una sorta di “scontro fratricida”. Ed è qui che entra in scena la “prima donna.”
Giberto III Sanvitale aveva sposato nel 1454 Donella Rossi, figlia di quel Pier Maria che, si dice, era giunto a possedere oltre 30 castelli nel parmense (tra cui quelli di Torrechiara e Roccabianca). Donella era donna di intelligenza, di grande coraggio e di forte animo: fu lei che, in assenza del marito, riuscì a difendere vittoriosamente la Rocca dall’attacco delle truppe inviate dal padre e guidate dal cugino, Amuratte Torelli.
“Quando essa scorse Amuratte che fra i rami di un albero dava gli ordini ai suoi soldati, gli assestò un colpo di archibugio, uccidendolo, sbaragliando così gli assalitori” (fonte: Sala Baganza nella storia).
Il Cinquecento fu un periodo di splendore per la Rocca, grazie all’impegno di un’altra grande donna: Barbara Sanseverino, che già conosciamo per aver nobilitato la Reggia di Colorno collezionandovi opere dei maggiori pittori dell’epoca. Sotto il suo “patrocinio” il castello divenne palatium, dimora signorile ricca di opere di scuola padana: scene mitologiche di Orazio Samacchini, grottesche di Cesare Baglione, la decorazione della camera nuziale a opera di Ercole Procaccini, un piano nobile con stupendi cicli di affreschi, la cappella Palatina.
Il feudo rimase in possesso della famiglia Sanvitale fino al 1612, anno in cui la “gran giustizia” farnesiana si abbatté su molte famiglie di spicco dell’epoca, tra cui i Sanvitale: il presunto coinvolgimento di Giberto IV e del figlio Gianfrancesco nella congiura contro Ranuccio II Farnese costò la testa a entrambi, oltre alla confisca del feudo.
E’ a questo punto che iniziò la decadenza: le mogli dei Farnese cominciarono a preferire Colorno come residenza estiva, e alla fine del Settecento la Rocca divenne una specie di “ospizio” per i vecchi funzionari di corte in pensione. Il colpo di grazia lo diede nell’Ottocento Michel Varron, luogotenente di Napoleone, che in maniera fin troppo “pragmatica” demolì gran parte della Rocca per procurarsi materiale da costruzione.
LA ROCCA OGGI
Le profonde modificazioni subite nel corso dei secoli, compresi i pesanti interventi ottocenteschi, hanno trasformato l’aspetto della Rocca in modo radicale: oggi appare come un lungo parallelepipedo delimitato agli estremi dai resti dei due torrioni. All’interno purtroppo, a causa dei danni riportati dopo il sisma del 2008, rimane visitabile solo la zona Cinquecentesca, mentre la parte Settecentesca e la Cappella Palatina sono chiuse per motivi di sicurezza.
Abbiamo quindi cercato di ricostruire un percorso visivo tra le sale della Rocca con le immagini a nostra disposizione:
Sala Baganza – Tutti gli autori delle immagini sono visibili a questo indirizzo – Created with Haiku Deck, presentation software that inspires
Una notizia “fresca” è che dal 17 maggio 2014 nelle cantine e nell’ex-ghiacciaia è stato allestito il Museo del Vino: un percorso espositivo e sensoriale dedicato al vino di Parma, alla sua storia e alla sua cultura.
Il Museo è strutturato in sette sale:
- La prima è di stampo “archeologico”, con reperti provenienti dagli scavi nel territorio che dimostrano come il modo “moderno” di bere vino (schietto e non allungato o speziato) sia nato proprio qui, nel nostro territorio.
- La seconda sala approfondisce gli aspetti legati alle caratteristiche della pianta della vite e alla viticultura, ripercorrendo le tracce di questa coltivazione nel parmense, presentando anche attrezzi e oggetti d’uso del secolo scorso e un filmato sulla tecnica della vite “maritata” agli alberi in filari, tipica della zona.
- La terza sala racconta, attraverso attrezzi e oggetti antichi la vendemmia e la preparazione del vino, mentre immagini e documenti narrano le storie del vino del territorio: dalle Arti medievali alle tecniche francesi introdotte dai Borbone, all’amore di Garibaldi per la Malvasia, alla passione per la viticultura di Giuseppe Verdi.
- La discesa nella affascinante ghiacciaia rinascimentale si trasforma in una esperienza avvolgente: immagini a 360° raccontano, nel cuore del museo, il ruolo della vite e del vino nel rito, nella storia e nell’arte, immersi in una cultura millenaria ricca di tradizioni.
- Dopo aver percorso un pergolato di vite, si approda alla sala delle botti. Qui si scopre la storia deicontenitori per il vino e dei mestieri ad essi correlati: il vetraio e il bottaio. Ma vi è anche spazio per approfondire l’affascinante storia del tappo in sughero e del cavatappi, quella poco nota dell’etichetta e per conoscere le “parole chiave” legate al vino.
- La sesta sala presenta i frutti della viticultura parmense: i pionieri del settore, le varietà coltivate, i vini prodotti, perfetti per essere abbinati al formaggio e ai salumi d’eccellenza del territorio, le cantine da visitare nella zona, il ruolo del Consorzio dei Vini dei Colli di Parma a salvaguardia della qualità di un prodotto in continua crescita. Il percorso si conclude, doverosamente, con la degustazione nell’enoteca nei sotterranei della Rocca (fonte: museidelcibo.it)
Ma non si piò lasciare Sala Baganza senza aver passeggiato lungo i viali del Giardino Storico ai piedi della Rocca, detto “Giardino del Melograno”. Esteso per tre ettari, si può tranquillamente definire un “potager”, cioè un orto-giardino: lo spazio è infatti abbellito da piante sempreverdi e da frutto disposte secondo un disegno decorativo e creano un aspetto cromatico diverso ad ogni cambio di stagione.
Nonostante la Rocca sia accessibile al pubblico solo in determinati orari, il giardino è invece sempre aperto e visitabile gratuitamente nei seguenti orari:
- da aprile a settembre dalle 9.00 alle 21.00
- da ottobre a marzo dalle 9.00 alle 18.00