I Farnese di Parma e Piacenza non hanno mai goduto di grande ammirazione da parte della popolazione locale: il ducato nacque di fatto grazie a un atto di nepotismo di papa Paolo III, e i feudatari locali e i sudditi non accettarono i Farnese come regnanti, tanto che questi furono costretti a governare a lungo con il pugno di ferro per mantenere il potere.
Eppure, prima dell’avvento dei Farnese, Parma era null’altro che una città contesa tra francesi e pontifici, senza nessuna rilevanza strategica o culturale. Fu proprio durante gli anni del ducato farnesiano che la nostra città divenne un importante centro politico e culturale, fulcro di vicende non solo italiane, ma anche europee.
Certo è che i primi duchi dovettero affrontare difficoltà e insidie di ogni sorta (anche in seno alla famiglia) e utilizzare metodi di governo non propriamente “convenzionali” per riuscire a dare vita a uno stato unitario. Questo è stato l’argomento della conferenza tenutasi giovedì 22 in Galleria Nazionale, il primo di una serie 4 appuntamenti dedicati alla famiglia che ha governato Parma per più di due secoli.
La rassegna è stata pensata per accompagnare la pubblicazione del nuovo volume della collana “Storia di Parma”, dedicato appunto al Ducato Farnesiano. Moderatori di questo primo incontro sono stati Giuseppe Bertini e Gian Luca Podestà, due tra i maggiori studiosi della vita e della politica dei primi duchi di Parma: Pier Luigi e Ottavio Farnese.
Ciò che è emerso dall’esposizione è stato illuminante: la famosa congiura che portò all’assassinio di Pier Luigi (e che avrebbe dovuto compromettere irrimediabilmente i propositi di dominio del casato) fu invece l’evento cardine attorno a cui si è poi costituito il potere assoluto dei Farnese sulla città, dando giustificazione a quella “politica del delitto” che consentì a Ottavio, ma soprattutto al figlio Ranuccio, di utilizzare la psicosi della congiura come strumento per sbarazzarsi degli avversari politici e confiscare i loro beni.
I due studiosi hanno inoltre messo in luce l’importanza dell’operato di Ottavio nella costituzione di uno stato solido, unitario e (relativamente) indipendente dall’ingerenza spagnola, riuscendo con abilità a fronteggiare pericoli esterni e interni.
Ottavio Farnese, immediatamente subentrato al padre assassinato, per fronteggiare lo schieramento “imperiale” si alleò con i Sanvitale e con i Pallavicino, anche se il supporto maggiore gli giunse sempre da Roma: dopo la morte di Paolo III nel 1549, salì al soglio pontificio un altro Farnese, papa Giulio III, che grazie alla sua influenza riuscì a bloccare le mire espansionistiche dei Rossi, i più grandi feudatari presenti sul territorio.
Come si può facilmente notare, il ducato era al centro di un turbinio di forze, quindi non fu facile all’inizio per i Farnese consolidare il proprio potere su di esso. A ciò si aggiunga che le insidie per la famiglia provenivano anche dall’interno: il professor Bertini ci spiega infatti che il matrimonio di Ottavio non fu affatto felice, e che la moglie Margherita considerò sempre il marito un “inetto scialaquatore di denaro”.
Invece, contro ogni aspettativa, Ottavio dimostrò nel corso degli anni una maturazione che sorprese tutti gli storici. Oggi viene riconosciuto che, se il Ducato sopravvisse alle numerose difficoltà iniziali, fu soprattutto merito di Ottavio, che durante la sua reggenza:
- Fornì i mezzi al figlio Alessandro per combattere vittoriosamente nei Paesi Bassi
- Ottenne il consenso della popolazione
- Ma soprattutto sconfisse l’esercito imperiale nella celebre Guerra di Parma, ponendo le premesse per la futura abdicazione di Carlo V.
Di fatto, Ottavio Farnese fu il primo sovrano a riuscire ad arginare l’egemonia spagnola sull’Italia, ponendosi come modello per i Medici e i Savoia.