Appena fuori dal centro storico di Parma, proprio di fronte allo Stadio Tardini e al termine del lungo viale alberato soprannominato dai parmigiani “lo Stradone”, c’è un piccolo edificio che porta il nome di un architetto francese attivo a Parma nel XVIII secolo: il suo nome era Ennemond-Alexandre Petitot, da tutti ricordato semplicemente come il Petitot.
Ennemond-Alexandre nasce nel 1727 a Lione. Il padre voleva iniziarlo alla carriera ecclesiastica, ma il giovane Petitot è fermamente intenzionato a dedicarsi alla pittura. A 26 anni lascia la Francia e, giunto alla corte di Don Filippo di Borbone a Parma, conquista subito la stima di Du Tillot, primo architetto di corte.
E’ uno dei primi a percepire e accogliere il ritorno in auge del Classicismo dopo gli eccessi manieristi. Cominciò a disegnare strade e giardini: a lui si devono il progetto dello Stradonee il restauro del Parco Ducale. Proprio in fondo allo Stradone egli realizza la struttura che lo rese celebre e che tuttora porta il suo nome: il Casino Petitot.
Ecco come viene descritto nel Bollettino dell’Arte a cura di Emma Monti:
«Una grande purezza di linee classiche nelle piccole dimensioni di una palazzina settecentesca, e quel giusto accordo tra gli elementi che dà sempre all’insieme un’impronta di armonica eleganza, con due grandi vasi simili ai vasi oleari dei romani, cinti dalle sinuose volute di una serpe, che ne ornano ai lati le facciate, compiendone la linea classica».
Il Casino Petitot è considerato uno dei primi “caffè” d’Italia. Dopo secoli di balli e ricevimenti nei salotti dell’aristocrazia, per la prima volta sorgeva un luogo esterno esclusivamente deputato alla socializzazione, allo svago, all’incontro e allo scambio di opinioni.
Non è un caso che sia stato voluto e progettato da due architetti francesi: la Francia nel XVIII secolo dominava la scena culturale europea, e sia Du Tillot che Petitot erano fermamente intenzionati a esportare la carica innovativa della loro patria anche nel ducato di Parma.
«In effetti, il Casino rispondeva ai nuovi bisogni della popolazione colta di uno stato moderno: luogo di ritrovo e di conversazione, casa della musica, bottega ove si poteva gustare la bevanda che più di ogni altra caratterizzò e favorì la socializzazione dei ricchi borghesi e degli intellettuali, dei nobili e dei dignitari del Settecento. Dopo una tranquilla passeggiata in carrozza, lungo un boulevard finalmente degno di una grande città europea, in mezzo al verde della campagna che circondava le mura rinascimentali, i notabili della città si ritrovavano così, per la prima volta nella storia di Parma, fuori dai salotti privati, in un luogo pubblico» (fonte: www.vocidiparma.it).
Il Petitot funge da “punto focale“, degna conclusione visiva del lungo viale che ha nome “Viale Martiri della Libertà”, ma che tutti a Parma conoscono come “Lo Stradone“. Si tratta di una strada del tutto “fuori scala” rispetto al resto della città, un vero boulevard da grande capitale europea, costeggiato da due maestose fila di ippocastani.
Oggi il viale è una via molto trafficata dalle automobili, è raro vedere qualcuno che lo percorre a piedi; tuttavia non è difficile immaginare un tempo in cui il corso principale veniva solcato da centinaia di carrozze ed eleganti coppie, durante le serate estive, affollavano le passeggiate, dirette verso il “caffè”.
Questo acquerello di Sanseverini è una preziosa testimonianza di come doveva presentarsi il Casino a uno spettatore dell’epoca: